MOZART, Gabler, Fattschek, Heyse, Köhler - Mareggini, Burani, Gli Archi Italiani
MOZART, Gabler, Fattschek, Heyse, Köhler - Mareggini, Burani, Gli Archi Italiani (CVLD211)
Esecutore: Giovanni Mareggini, Davide Burani, Gli Archi Italiani
Production: Velut Luna | Executive producer: Marco Lincetto |
Artistic direction: Anna Pasetti | Recording & Mastering engineer: Marco Lincetto |
Editing engineer: Michele Sartor | Design: l’image | Photo: Benito Vanicelli |
English text: Guido Mariani | Marketing: Francesco Pesavento |
Sales Manager: Moreno Danieli & Patrizia Pagiaro |
Press Agent: Emanuela Dalla Valle | World Wide Contacts: Cristiana Dalla Valle
Note
Mozart: 24bit/88kHz digital recording made at Chiesa della Madonna dell’Uliveto
- Montericco di Albinea (Reggio Emilia) on January 4, 2011
Gabler/Fattschek/Heyse/Köhler: 24 bit/88kHz digital recording made at
MagisterAreaStudios, Preganziol on March 29, 2011
Davide Burani plays a Salvi harp, DIANA model.
Wolfgang Amadeus Mozart (Salisburgo, 1756-Vienna, 1791) compose il suo Concerto per flauto, arpa ed orchestra K299 durante il suo secondo soggiorno a Parigi nel 1778, su commissione di Adrien-Louis de Bounières, duca de Guines. Molto vicino alla regina Maria Antonietta, Guines fu ambasciatore francese a Londra per diversi anni, ma fu costretto a ritornare a Parigi in seguito a un grosso scandalo finanziario che lo vide coinvolto per colpa del suo segretario (il titolo di duca gli fu concesso a titolo compensatorio, grazie all’intercessione della regina). Composto in tre movimenti (Allegro, Andantino e Allegro) il Concerto si caratterizza per la ricchezza di elementi tematici. Il primo movimento, in Do maggiore, si apre con un gioioso arpeggio
a piena orchestra sull’accordo fondamentale, al quale segue una scala spezzata che di slancio porta all’esposizione di archi e oboi. Il secondo tema (sempre nel tono d’impianto) viene introdotto da due note lunghe dei corni e presenta un carattere galante che contrasta elegantemente con quello marziale e gioioso del primo tema. L’entrata dei due strumenti solisti è preceduta da una serie di veloci terzine
degli archi che ricordano l’inizio della Sinfonia “Jupiter” K551 (del 1788, esattamente dieci anni dopo questo Concerto). Flauto e arpa riprendono quindi il primo tema, rielaborandolo ed arricchendolo con un dialogo continuo, fino ad arrivare alla classica modulazione al tono della dominante. Qui al flauto viene affidata una frase cantabile
e lirica, mentre all’arpa spetta il compito di accompagnare, in una dimensione musicale veramente cameristica; segue poi un passo virtuosistico dell’arpa che conduce verso la ripresa del secondo tema in Sol maggiore, che viene a sua volta rielaborato. Un nuovo motivo cantabile del flauto in La minore, seguito dalla riproposizione del primo tema da parte dell’arpa, segna l’inizio della parte più suggestiva (e forse più “francese”) del primo movimento, con un momento di dialogo molto intenso tra i due strumenti. La ripresa dei due temi principali, la cadenza dei solisti e una breve coda terminano il movimento. L’Andantino (in Fa maggiore) è forse il movimento più conosciuto dell’intero Concerto. Composto in forma bipartita, con un’orchestrazione snellita ai soli archi, questo movimento brilla per la ricchezza melodica e la cantabilità spiegata del flauto, accompagnata dai delicati arpeggi e dai virtuosismi dell’arpa. L’Allegro conclusivo è
costruito in forma di rondò-sonata. L’esposizione iniziale inizia con un “piano” dei soli archi, seguiti poi dagli oboi, che viene poco dopo contrastato da un “forte” improvviso e molto dinamico degli archi, con note ribattute e figurazioni veloci. Il contrasto chiaroscurale fra “piano” e “forte” costituisce uno degli elementi più importanti di questo movimento, contribuendo in modo determinante alla sua vivacità. Anche in questo caso, l’entrata dei solisti segna una rielaborazione tematica in forma dialogante, con il flauto che ancora una volta spicca per la cantabilità delle frasi che gli vengono affidate, che bilanciano la scrittura musicale dell’arpa, decisamente più virtuosistica. È interessante il modo in cui Mozart qui alterna frasi melodiche di nuova concezione con motivi già proposti, creando nell’ascoltatore l’impressione di trovarsi di fronte a un vero e proprio
Rondò. Il ventiduenne Wolfgang era arrivato in Francia all’inizio di marzo del 1778, accompagnato dalla madre, con la speranza di ottenere la protezione della regina, nota per accogliere a corte artisti e musicisti di tutta Europa. Maria Antonietta però in quel periodo era alle prese con la sua prima gravidanza e, nonostante l’appoggio del duca
de Guines, non lo ricevette mai. Gli fu tuttavia offerto il posto di organista a Versailles, che rifiutò, malgrado i consigli del padre che lo riteneva un impiego sicuro e un buon modo per rimanere in contatto con la corte e accedere all’entourage della regina.
Erano quelli gli anni di massimo fulgore dell’arpa in Francia, che già dagli anni 60 era diventata lo strumento prediletto dell’aristocrazia francese. Nel frattempo al flauto traverso erano già state dedicate importanti pagine musicali, ma questi due strumenti fino ad allora si erano incontrati molto di rado. La commissione illuminata del duca
de Guines, un flautista dilettante che amava suonare insieme alla figlia arpista (che prese anche lezioni di composizione da Mozart), diede un input decisivo alla nascita del repertorio per flauto e arpa che, da quel momento in poi, iniziò progressivamente ad arricchirsi delle opere di autori francesi, italiani, ma soprattutto tedeschi.
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