Johann Sebastian Bach - Cello Suites For Harpsichord - Dario Carpanese
Johann Sebastian Bach - Cello Suites For Harpsichord (CVLD333)
Johann Sebastian Bach
CELLO SUITES FOR HARPSICHORD
Dario Carpanese, harpsichord and trascription
Cello Suite No. 1 in G Major BWV 1007 (19:11)
01 - Prélude, 3:15 / 02 - Allemande, 5:35 / 03 - Courante, 2:27 / 04 - Sarabande, 2:32
05 - Menuet I & II, 3:52 / 06 - Gigue, 1:30
Cello Suite No. 2 in D minor BWV 1008 (21:05)
07 - Prélude, 4:08 / 08 - Allemande, 4:30 / 09 - Courante, 2:14 / 10 - Sarabande, 3:59
11 - Menuet I & II, 3:19 / 12 - Gigue, 2:55
Cello Suite No. 3 in C Major BWV 1009 (22:54)
13 - Prélude, 4:28 / 14 - Allemande, 5:07 / 15 - Courante, 3:04 / 16 - Sarabande, 3:18
17 - Bourrée I & II, 3:39 / 18 - Gigue, 3:18
Tot. Time: 63:15
176.4kHz / 24 bit original recording, made at Studio Rosso, Trebaseleghe, Italy on March 26, 27, 2021
Production: VELUT LUNA
Executive and Musical Producer: Marco Lincetto
Recording, mix, mastering and editing engineer: Marco Lincetto
Cover Illustration: Giulia Pierobon
Photo: Nina Marranconi
Layout and Design: L'Image
La trascrizione è una pratica compositiva che accompagna la storia della musica ormai da diversi secoli. Se nel ’500 iniziano a fiorire le prime intavolature liutistiche di brani vocali, nel ‘700 essa si impone come vero e proprio genere sempre più in voga e sempre più richiesto. Maestro e modello di quest’arte è senza dubbio Johann Sebastian Bach (1685-1750), il quale dedica alla trascrizione l’intero arco della sua produzione musicale. Negli anni giovanili di Weimar, per assecondare le richieste di una corte particolarmente affascinata dal gusto italiano, trascrive numerosi Concerti dando vita a nuove ed interessantissime pagine di solismo tastieristico. A Lipsia diversi Concerti per Violino vengono destinati al clavicembalo, probabilmente per arricchire il repertorio del Collegium Musicum del quale Bach possiede la direzione artistica. Intere Cantate cambiano testo e destinazione in un esercizio di altissimo artigianato musicale, dettato sì da esigenze contingenti, ma condotto con un’arte e una perizia tali da far apparire questi rifacimenti come opere del tutto nuove. Le Sei Suites per Violoncello solo, protagoniste di questa incisione, non hanno mai trovato luce editoriale in forma di trascrizione per mano dell’autore stesso, mentre le Sei Sonate e partite per Violino solo, le quali possono essere considerate loro sorelle, sono state ampiamente rimaneggiate da Bach stesso e trasformate in varie versioni. Inoltre, grazie alla testimonianza di due musicisti contemporanei di Bach, sappiamo che il compositore stesso si cimentava nell’esecuzione al clavicembalo e al clavicordo di questi brani: se l’organista Jacob Adlung (1699-1762) nel descrivere le Sonate e Partite sottolinea il fatto che ‘’possano essere eseguite anche al clavicembalo’’, Johann Friedrich Agricola (1720-1774) ci assicura che ‘’il compositore stesso le suonava spesso al clavicordo e aggiungeva l’armonia che riteneva necessaria’’.
La pratica della trascrizione si rivela come un’ottima e ineguagliabile chiave d’accesso per entrare nel pensiero compositivo dell’autore dell’opera trascritta: più che un mero esercizio di stile, è da considerarsi una vera e propria arte che permette di accedere all’essenza del discorso musicale, svincolandosi dagli automatismi gestuali derivanti dalla tecnica del proprio strumento. Una delle immagini che può descrivere al meglio questo tipo di esperienza è quella di entrare nella bottega di un artigiano, osservare e assorbire i segreti tecnici del mestiere per poi lavorare assieme allo stesso progetto. La trascrizione ci riserva dunque la possibilità di dialogare attivamente con i grandi maestri del passato e di affinare la nostra sensibilità e il nostro pensiero attorno all’estetica di un preciso periodo storico.
In prima battuta, il fatto di rimaneggiare uno dei capolavori più eseguiti e apprezzati dell’intera produzione bachiana mi ha posto di fronte a numerosi interrogativi, i quali sono stati gradualmente risolti a seguito di un adeguato approfondimento analitico delle trascrizioni per clavicembalo operate da Bach stesso a partire da composizioni proprie e altrui. Contrariamente a quanto previsto all’inizio di questo percorso, la difficoltà maggiore non è stata quella di riuscire a produrre concretamente qualcosa a partire dal materiale originario, ma di trovare la forza di scegliere una versione definitiva selezionando tra le numerosissime possibilità interpretative offerte dalle Suites stesse. Occasionalmente, nello stilare questa trascrizione, mi sono trovato di fronte a decine di alternative per il medesimo passaggio musicale e ho dovuto scegliere, di volta in volta, se valorizzare la coerenza con la produzione tastieristica di J. S. Bach, la fedeltà assoluta nei confronti del materiale originario, l’aderenza alla resa sonora della versione violoncellistica, la comodità della mano, l’uniformità stilistica di scrittura per ogni singola danza e altre esigenze che emergono spontaneamente dal confronto con questa particolare tipologia di pratica compositiva. In conclusione, è possibile affermare che le scelte operate durante il processo di trascrizione siano sempre state dettate dall’esigenza di ottenere un risultato il più vicino possibile alla produzione clavicembalistica del compositore tedesco e abbiano rifiutato qualsiasi tentativo di modernizzazione dell’opera trascritta.
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